Pensieri sui menùI menù per chi li legge e chi li fa

I Menu sono il meglio e il peggio di chi li crea

di Silverio Cineri

Premessa
In tutto questo parlare io faccio sempre riferimento alla parola cuoco, ma con questo non voglio in nessun modo escludere le cuoche, che sono sempre state la colonna portante di tutte le cucine da sempre e sempre per fortuna lo saranno.

Voglio aggiungere che non parlo quasi mai di vini, che sono i più degni accompagnatori delle vivande in tutte le tavole del mondo.

Per queste due mancanze chiedo umilmente scusa a chi legge, e a chi può sembrare escluso e anche personale di sala, di cantina.

Silverio Cineri.

Ciò che siamo è esattamente ciò che eravamo

Ecco la ragione che ci fa scrivere ancora di menu e quale è la loro storia.

Io non sono qui, con in mano solo un mio menu, per scriverlo, mi sono venuti in aiuto l’esperienza di tutti i menu composti precedentemente, accorsi da giù, giù, fino all’origine del loro tempo, da quando erano descritti e non scritti.

I menu antichi, devono fare da testimoni, nel mio menu, ci sono tutte le tracce del perché, sono esistiti e arrivati fino al nostro tempo, ancora freschi e profumati di quelle combinazioni di parole che ci invogliano a mangiare dopo secoli che sono state scritte.

Minuta = Menu = Menù= Carta = Lista cibaria.

Il menu è una lista di vivande, il vero biglietto da visita nato per qualificare ristoranti, alberghi, anche solo una merenda di una categoria superiore alla norma, oggi si trovano sempre di più anche in trattorie, osterie, e ogni luogo dove si può mangiare e bere. Lo si trova scritto magari in una lavagna appesa al muro, in luoghi di passaggio dove il mangiare assomiglia, più a una merenda che a un pranzo, dove si servono in modo meno impegnativo tramezzini, pizze, panini, e qualsiasi cosa si possa mangiare in luoghi non  adatti per la ristorazione,  ma anche presi e consumati per strada, mentre si cammina.

La realizzazione dei menu si costruisce con una particolare attenzione, curando per i ristoranti, gli alberghi, i particolari nella grafica, i colori della stampa fino alle parole,  che devono sempre essere leggibili, le lettere dovrebbero essere più grosse del normale, così che si possa leggere il menu senza difficoltà anche in quei luoghi meno illuminati, più intimi, l’abbellimento con disegni colorati e non devono essere compatibili sempre col luogo ospitante, i nomi dati alle vivande devono suonare come un inizio di una poesia, per affascinare l’ospite mettendolo a proprio agio seduto a quella sedia, facendogli sbocciare un sorriso già, leggendo quel menu,  importantissima poi la scaletta delle vivande, devono essere in ordine di gusti crescenti così da aiutare l’ospite nella sua composizione del menu, quei nomi, devono incuriosire, invogliare, piacere, a tutti quegli avventori che lo leggeranno per farli consumare.

Il piacere nel modo di scrivere quelle parole, il menu serve al ristorante per presentarsi al meglio con gli avventori, quindi è sempre meglio se si leggono bene le specialità di quel luogo, di quel cuoco che prepara al meglio  quelle vivande che sono la firma di quel luogo di ristoro, una piacevole abitudine è mettere la firma vera e propria del cuoco, cioè il suo nome e cognome, così quel menu, rimane firmato come un quadro, un romanzo.

A volte però, ci si trova davanti a dei menu, con dei nomi delle vivande non capibili, in quel caso è necessario chiamare il capo sala o chi lo sostituisce, per farselo spiegare, per esempio; se vi trovate a leggere spaghetti alla moda dello chef, chiaro che non potrete capire da soli e obbligatoriamente si deve chiedere spiegazioni, ma la cosa più brutta è quando il responsabile che dovrebbe riuscire a togliervi qualsiasi dubbio, vi dice un attimo vado a chiedere in cucina.

Brutti sono anche i menu scarabocchiati a fianco di solito con un pallino per indicarti le vivande mancanti. Brutti anche quelli vissuti, passati in tante mani unte spiegazzati a volte anche consumati nel dorso, poi anche quelli dentro una guaina di plastica non son proprio niente di bello, insisto, un bel menu paga, anche quando il cliente lo prende con se quando esce, questo vuol assolutamente dire che da quella pagina a ricevuto emozioni, che non vuole dimenticare.

Io ricordo nel 1968, il mio primo menu che ho portato con me all’uscita dopo aver mangiato, direi anche non troppo bene, ma questo non fa testo, in alto nel menu c’era una frase per me geniale, che non ho mai più letto; menù per oggi e domani, ma certo questo menu poteva come in tantissimi posti non essere mai cambiato, tanto può essere quello di oggi, o di domani, e sia oggi che domani non finiscono mai, una vera genialità.

Se invece il menu è ben strutturato e comprensibile,  rappresenta il più bel strumento di comunicazione, di presentazione e soprattutto di vendita, quando lo si legge poi a fianco alla porta di entrata, ancora fuori del locale, rappresenta il miglior imbonitore, per tutti coloro che lo leggono, se è  scritto bene, stimolandoli, motivandoli ad entrare.

Il menu, se risulta di facile interpretazione l’avventore può essere invogliato a scegliere vivande insolite, stravaganti, che gli stuzzicano la fantasia di quel momento, lontano da quella vivanda che magari voleva mangiare e per quella era entrato in quel luogo.

Aggiungerei anche di diffidare di quei luoghi che hanno delle liste di vivande che non basta una mezz’ora per leggerle tutte, io preferisco  leggere una carta dove al massimo ci sono: cinque antipasti, tre tra brodi, zuppe o creme, cinque primi asciutti, tre piatti di mezzo, cinque secondi, cinque contorni, tre piatti vegetariani, cesto dei formaggi, cinque dolci, frutta in alzata.

Di menu ve ne sono scritti tanti e diversi dentro quelle liste del giorno a secondo del luogo dove siete entrati per ristorarvi:

Menu alla carta; dove ci si trovano diverse vivande da scegliere, divise in antipasti, minestre in brodo zuppe e creme, primi asciutti, piatti leggeri o di mezzo, secondi di carne, contorni, piatti vegetariani, fritti, formaggi, dolci, frutta.

Menu concordato; si utilizza di solito per feste particolari, soprattutto per compleanni, comunioni, feste di laurea, sono quei pranzi dove assieme al ristoratore si decidono prima i piatti che verranno serviti e il prezzo tutto compreso.

Menu a tema; sono quei pranzi che si sviluppano attorno a un solo cibo che diventa il principe di ogni vivanda che di solito sono cibi di stagione che non durano tanto, o intuizioni del cuoco per creare un evento diverso, il motivo per trovarsi e mangiare allo stesso tavolo anche se non ci si conosce.

Menu etnico; un pranzo preparato con cibi e cultura di un popolo diverso dal nostro.

Menu ciclico; questo tipo di solito si trova soprattutto in piccoli alberghi stagionali, o mense, dove gli avventori possono essere per diversi giorni di seguito sempre gli stessi.

Menu per occasioni speciali; sono i pranzi delle feste, che possono essere molto tradizionali, a Natale, a Pasqua, San Silvestro ecc.

Menu storico; propone delle vivande dedicate a personaggi storici, o a eventi storici avvenuti.

Menu dedicati; di solito sono pranzi dedicati dal cuoco a personaggi che lui stima o a stimato nel percorso della sua vita, con piatti che piacevano a coloro a cui  sono dedicati o che avrebbe potuto somministrargli e che sarebbero stati di loro gusto.

Menu fisso; indica una combinazione preparata dal cuoco di almeno tre portate, ad un prezzo inferiore di quello proposto nella carta composto con gli stessi piatti.

Menu di artisti pittorici; si creano vivande cercando di mettere i colori o le parole del Maestro e il suo  stile nei piatti presentati.

Menu turistici; sempre più diffuso nelle zone turistiche, marine, montane, centri storici, di solito propongono specialità locali, alternati a piatti tradizionali, a prezzi turistici, molto accattivanti.

Menu del giorno; è una proposta fissa che però, cambia a seconda del mercato e dell’estro del cuoco di quel giorno, si compongono di solito con un primo un secondo e un contorno e molte volte comprensivo anche del dolce.

Menu di lavoro; si compone di due scelte, in alcuni locali si sceglie tra tre proposte, tre primi, tre secondi, tre contorni, ad un prezzo stracciato, l’altra alternativa è una proposta di combinazioni del cuoco con un antipasto, un primo, un secondo guarnito è un dolce.

Menu a degustazione; consiste in un bel menu composto dal cuoco, con piccoli assaggi di almeno cinque portate, a sequenza con equilibri tra una portata e l’altra, sempre in crescendo.

Menu variabili; i sapori di queste vivande proposte, sono legati assolutamente a quei prodotti di stagione, di quelle località, che non tutti possono conoscere diventando delle specialità, di breve tempo si, ma di nicchia.

Menu Grand Gourmet; era un menu che io facevo quando ero alla Frasca di Castrocaro Terme, sotto la guida di Gianfranco Bolognesi, vi erano a sequenza tutte le migliori specialità che avevamo, con una scaletta perfetta per un vero Gourmet.

Menu del Passatore; altro menu che si faceva alla Frasca di Castrocaro nel 1972, con il meglio dei nostri piatti tradizionali, sempre messi in sequenza per far piacere al cliente, nutrendosi delle nostre specialità locali.

La maialata; questo menu è un menu dove tutte le preparazioni sono create da tagli di carni di maiale e salumi diversi, anche qui sono sempre specialità locali, questi menu soprattutto si predilige farli nel mese di gennaio, il mese che in più regioni si preparava il maiale, per tutto l’anno.

Menu di carne; quasi sempre eseguiti con carni rosse, da vivande preparate con le interiora ai bolliti, alle grigliate, alle stufate, alle brasate.

Menu di pesce; composto di antipasto freddo, poi quello caldo, primo condito col pesce, risotto, grigliata mista, fritto, dolce.

Proposta di menu giornaliero; solitamente sono le proposte di menu che si fanno a clienti che soggiornano al mare o in montagna per almeno una settimana, le proposte solitamente sono tre, comprendono la scelta di un primo, un secondo guarnito, una frutta o un dolce ma potrebbe essere anche un formaggio.

Menu a buffet; questo menu, ricorda un po’ il medioevo, il rinascimento, quando davanti agli invitati venivano portati tanti vassoi con diversi cibi, ora si compone come allora, con diverse vivande a disposizione, di tutti i generi di carni, di pesci, di verdure, di formaggi e dolci, dove ognuno si prende quello che vuole nel suo piatto, che può consumare in piedi, ma anche seduto al tavolo.

Menù vegetariano; si compone di cinque portate a sequenza equilibrate interamente di verdure, cotte e presentate senza nessuna presenza di grassi animali.

Menu vegano; come per il vegetariano, è un menu interamente di verdure insaporite con condimenti essenziali vegetali, senza che questi condimenti  abbiano avuto niente  a che fare con animali, esempio il miele, pur essendo vegetale è preparato con l’aiuto dell’ape quindi proibito in questo tipo di menu.

Menu consigliato; anche questo è creato con la maestria del cuoco, composto di cinque portate almeno, quelle che più trova indicate per quella sera o mezzogiorno il cuoco.

Menu alternato; così chiamato per la sua struttura, una prima parte si presenta a buffet, poi si prosegue a tavola con dei piatti serviti, questo menu è abbastanza antico.

Aggiungerei alcune parole sui cinque servizi che differenziano la tavola nell’apparecchiatura, nel presentare il cibo e nel consumarlo con i convitati.

Il servizio alla francese sicuramente è il più antico, nasce quando è l’abbondanza a farla da padrona, vedere tutte quelle vivande appoggiate sui tavoli dava a loro un senso di ricchezza, come quando in cucina si mettevano le droghe nei piatti senza nessun criterio solo per presentare il proprio potere, la propria ricchezza a tavola.

Il servizio detto alla francese, si equilibro’ nei sapori col rinascimento italiano, dove le vivande venivano si speziate, ma per stupire col sapore, non per le quantità delle spezie, ancora in questi banchetti i cibi si insaporivano con alcune erbe aromatiche che insaporivano le vivande, lasciando però che ogni cibo sapesse del suo sapore.

Durante  questi pranzi nei territori Italiani, si aveva l’abitudine di far trinciare le carni, ma anche le frutte, dal trinciante al volo.

Questo personaggio era il più importante di tutto il banchetto, se c’era il trinciante al volo, a esporsi per tagliare le carni, sicuramente quel banchetto guadagnava in prestigio, il trinciante si caricava la carne tenendola con un forchettone davanti a se, con un coltello affilatissimo, tagliava questa carne a fette sottili nel vuoto, cadendo sul vassoio del servo che si posizionava sotto di lui in ginocchio per raccogliere quella carne che cadeva direttamente sul vassoio.

Questo servizio nel tranciare così le carni,  era considerato il più nobile, ed era un servizio tutto Italiano. Il banchetto stesso, si qualificava maggiormente proprio per questa abilità del tranciante, non più per le quantità.

Escoffier scrive nel suo libro dei menu 1912, nei banchetti importanti col servizio alla francese, per tranquillizzare gli invitati, a fianco di ogni vivanda, mettevano dei cartoncini con scritto il nome del cibo che era dentro ai vassoi, questi sono i primi passi visivi dei nostri amati menu.

Servizio all’italiana, è un servizio semplice, chiamato anche servizio al piatto, si portano in tavola i piatti preparati in cucina, ricolmi di cibo. Questo sicuramente, è il servizio più diffuso al mondo, per la sua praticità, semplicità, essenzialità , rapido e informale, il più adatto da usare nei ristoranti.

Il cibo viene servito dalla cucina, direttamente nel piatto nel quale il cliente mangerà.

I camerieri, per imbellire questo servizio, non si presentano al tavolo, portando  mai più di tre piatti nelle mani, servono il cliente con la mano destra, tenendo dietro la schiena del cliente gli altri due piatti, poi  uno per volta se li passa dalla sinistra alla mano destra servendo i restanti ospiti.

Questo servizio è durato in Italia fino all’evento e alla nascita dei grandi ristoranti e alberghi, che coincidono, più o meno, alla Unione d’Italia. Poi si è continuato a servire in questo modo in bettole e osterie, dove il cibo era importante come elemento per vivere, non tanto da goderne. 

A Bologna, in vicolo Fregatette, c’era un’ osteria, che faceva da mangiare a tempo, aveva sul tavolo un cucchiaio, legato  da una catenella inchiodata, ad ogni coperto,  il piatto era scavato nel legno del tavolo, davanti a ogni posto una specie di ciotola, l’oste, serviva il cibo in quell’incavo sul tavolo, e l’ospite doveva finire il tutto nel più breve tempo possibile per pagare di meno quel cibo.    

Delle osterie di Bologna se ne parla già dal 1500 ma sicuramente erano lì anche prima, coi romani. Perché  Fregatette? Quella strada era talmente stretta che se ci si incontrava, per forza si sfregavano le tette per passare. Quando gli cambiarono il nome, vicolo Stretto, sotto vi era scritto, già vicolo Fregatette.

Servizio alla russa, all’inizio del XIX secolo, presso il principe Kourakin Alexsander Borisovich ambasciatore della Russia, a Parigi nel biennio 1810-1811, quegli anni facevano parte di quei brevi periodi che Napoleone non era in guerra con la Russia.

Quella sera presso l’ambasciata, il principe,  invito’ a cena un gruppo di suoi colleghi e diverse personalità, dopo i saluti e i convenevoli, si diressero verso la sala dove si doveva mangiare, aperte le porte, entrarono in sala, rimanendo tutti sbigottiti, ebbero in principio un piccolo sobbalzo, un vero stupore osservare la tavola con sopra la tovaglia e i soli coperti uno per ospite, i candelabri, decorazioni,  composizioni floreali, qualche alzata di frutta, e altre con della piccola pasticceria.

Cose considerate serie da mangiare proprio nessuna, la tavola era spoglia di tutte quelle fiamminghe cariche di colori saporiti, di tutto il meglio che si poteva avere in quella stagione.

Fino a quel giorno, la tavola per gli ospiti voleva essere preparata alla francese, col centro della tavola piena di vivande a disposizione di tutti gli ospiti.

Questa sembra la prima volta che il servizio diventa alla russa, i commensali al tavolo che sembra sguarnito, nudo,  si avvicinano dei carrelli ricolmi della vivanda che era stata scelta per quella serata, il cameriere preparava il piatto per l’ospite, proprio lì davanti a lui, mentre il capo sala spiegava il contenuto del piatto e tutte le leccornie che contenevano quelle fiamminghe col cibo ancora caldo, disposto con maestria nei piatti dell’ambasciata.

Un altro mondo avere a tavola il piatto con la quantità giusta di cibo che si desidera, il cibo caldo ad ogni portata, perché questo servizio è uguale portata dopo portata fino alla conclusione del pranzo o della cena.

Ecco che in questo banchetto storico, dove per la prima volta si serve un piatto costruito da un carrello direttamente davanti all’ospite e questo servizio alla russa, è la chiave che dà origine all’entrata del menu al tavolo, quel cartoncino dove sono descritte le portate di quel pranzo o cena.

Servizio all’inglese, sicuramente è il servizio più comune per servire al meglio in un banchetto, gli antipasti si trovavano posizionati al tavolo, seguivano le zuppe, ad una a una, le minestre seguivano pronte calde in  fiamminghe dalla cucina si possono servire in sala, posizionando la fiamminga nella mano sinistra, aiutata dall’avambraccio sempre il  sinistro, meglio se la mano e il braccio sono protetti da un tovagliolo per non bruciarsi.

In questo servizio ci si presenta al cliente dalla parte sinistra, nella mano destra si tengono le clips, che sono composte da una forchetta e un cucchiaio dello stesso servizio.

Gli arrosti, con le guarnizioni sporzionati sul carrello in sala, dal capo servizio, facendoli  arrivare agli ospiti dai camerieri.

Vi è poi la variazione di questo servizio,  con tutte le carni tagliate sul vassoio arrivate fumanti dalla cucina il cameriere ponendosi alla sinistra dell’ospite, lo faceva servire da solo   prendendo quello che voleva dal vassoio retto dal cameriere.

Questo tipo di servizio, è veloce, sempre che i camerieri siano bravi ad usare le clips, come abbiamo già detto, si serve con la mano destra alla sinistra del cliente, si entra fra i due ospiti per poter servire senza  toccare la tavola, con attenzione senza neanche sporcare i clienti, le fiamminghe di solito sono piene di cibi comodi da servire con le clips, paste non troppo lunghe o messe sul vassoio come fossero dei nidi così da servirli comodamente, i secondi già tranciati a fette medie così da far bella figura usando le clips, anche per i contorni si usa lo stesso metodo quando escono dalla cucina. I dolci di solito per questi tipi di banchetti sono torte, in questo caso si taglia a fette in sala e viene servito nel piatto.

Vi è anche un altro servizio, chiamato “ambigu’” ambiguo lo testimonia per primo Giovanni Vialardi, cuoco pasticcere della casa Savoia.

È un servizio ambiguo appunto, ed è spiegato nel paragrafo dedicato a  Giovanni Vialardi.

Alla raccolta civica creata dal genio Achille Bertarelli, vi sono custoditi moltissimi menu di casa Savoia e non, ne ricordano uno molto bello, del 28/9/1862, questo menu, si presenta con una cornice colorata azzurro e oro, con le insegne reali, in alto, scritto in francese, in tutte le sue righe.

Poi me ne hanno raccontato un altro, del 1884 del Rojal Danieli di Venezia.

Articolo di Silverio Cineri
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