Il termine buffet, usato in Italia da non molto tempo, non viene etimologicamente da nessuna parte, ma spazialmente da ovest, perchè lo si usa in Francia con diverse accezioni e non sempre gastronomicamente esaltanti.
Nel nostro linguaggio di collezionisti di menù storici (notare l’accento sulla u) se ne parla quando duecento anni fa il cosiddetto ‘servizio alla francese’ (appunto ‘a buffet’ nel senso che il commensale si trovava di fronte ad una tavola apparecchiata da tutte le ‘portate’ contemporaneamente) fu in qualche modo superato dal pranzo in cui le singole ‘portate’ venivano, come d’uso oggi, ‘portate’ in tavola in successione. Il cosiddetto servizio ‘alla russa’.
Ebbene oggi la gastronomia, nell’era del post-post moderno è estremamente parcellizzata, personalizzata come tanti altri servizi. E così non si possono più invitare a pranzo gli amici senza trovarsi poi con mille avanzi (certo c’è la raccolta differenziata, ma non esageriamo).
C’è chi vuole le bollicine, chi il fermo; chi beve il rosso chi il bianco; chi non beve il vino ‘dolce’ e non mangia i dolci. Chi scarta il grasso da un prosciutto di mora di quattro anni; chi mangia solo bio o chi è vegano. Chi non gradisce il foie gras e chi non mangia la caccia. Chi non mangia le lumache e chi l’anguilla. Chi non mangia carne rossa nè tantomeno i salumi. Chi allontana anche dallo sguardo il pesce crudo e chi non vuole il ‘bel e cot’. Il formaggio per carità e non parliamo del burro. L’olio di palma o il glutine. E i superacoolici restano nella credenza e il caffè…se devi farlo solo per me….hai un orzo?….non se ne può più.
Allora torniamo indietro di duecento anni…torniamo al ‘buffet’….mettiamo tutto in tavola contemporaneamente e si arrangino gli amici se vogliono continuare ad ‘abbuffarsi’ a casa mia (‘abbuffarsi’ credo che etimologicamente derivi da ‘buffet’..).
La modernità ricorre alla storia. Il ricordo e lo stravolgimento del ricordo. Ma non esageriamo anche se siamo fatti di ricordi.
Articolo di Franco Chiarini