A meno di un mese di distanza l’uno dall’altro (26 dicembre e 20 gennaio) sono ascesi all’Olimpo della gastronomia e della ristorazione Gualtiero Marchesi e Paul Bocuse i massimi vessilliferi delle due cucine, quella italiana e quella francese, che da sempre si contendono il primato dell’arte dei fornelli nel mondo occidentale.
Ho avuto il privilegio di avere con entrambi una lunga frequentazione avendoli visitati nelle loro sedi innumerevoli volte nel corso della mia lunga vita di gourmet.
Questi due grandi personaggi non avrebbero potuto essere più diversi. Colto, elegante, riservato ed esile di corporatura Gualtiero, estroverso, esuberante, istrionico e monumentale anche nell’aspetto fisico Paul.
Nato il primo a Milano nel 1930 e il secondo a Collonges au Mont d’Or nei pressi di Lione nel 1926, lasciano in Italia e nel mondo un’impronta e un ricordo destinati ad essere imperituri.
Anche nella vita privata non ebbero nulla in comune. Devoto alla moglie ed alla famiglia in bravo Gualtiero e di costumi amorosi estremamente liberi il libertino Paul che alla moglie di tutta una vita, la bella e raffinata Raymonde, affinacò altre due compagne e da ciascuna di esse ha avuto un figlio, un maschio e due femmine. Le cronache riportano che erano tutti e sei riuniti al suo capezzale.
Mentre Marchesi si era ormai ritirato dalla ristorazione attiva e dalla direzione dell’Alma, Bocuse, benchè fisicamente provato dal parkinson, era ancora ufficiosamente sulla breccia. Lo vidi per l’ultima volta comparire per pochi minuti nella sala del suo ristorante quando lo andai a trovare per festeggiare i suoi 90 anni e il mezzo secolo di ininterrotto possesso delle Tre Stelle Michelin. Era molto provato e mi rattristai. Il suo ristorante, nel quale Marchesi operò per breve tempo prima di dare inizio alla sua carriera, era a sua immagine e somiglianza. Opulento, ridondante, coloratissimo, con un negretto in livrea che apriva la porta la mattina e la sera per tutti i 365 giorni dell’anno perchè il ristorante non chiude mai. La continuità della cucina era, ed è, assicurata da quattro chef che sono stati tutti insigniti dell’onorificenza di “Meilleur ouvrier de France” che è oltr’Alpe un titolo di grande prestigio.
Bocuse operava 10 km. a nord di Lione sulle rive della Saona il romantico fiume descritto da Giulio Cesare. Qui sorge un grande caseggiato vecchio di quasi tre secoli sempre appartenuto alla famiglia Bocuse. Ai piani superiori vi sono le abitazioni private fra cui la camera nella quale Paul ha visto la luce ed è poi serenamente spirato, evento assai raro nella vita di un uomo.
Il ristorante occupa tutto il piano terra. Colori rutilanti, pitture e “trompe l’oeil,” ostentazione di argenterie, una gigantesca insegna sul tetto e un giardinetto interno circondato dal “muro degli chefs,” una serie di affreschi che ritraggono i grandi protagonisti della gastronomia francese, fra i quali Escoffier, Fernand Point e Eugenie Brazier che contribuirono alla sua formazione professionale.
Nel lontano 1975 il Presidente della Repubblica Francese conferì a Parigi all’Eliseo, la Legion Donore a Paul Bocuse che per l’occasione creò, la celebre zuppa Valery Giscard d’Estaing intitolata al Presidente, uno dei pochi piatti da lui ideati perchè egli è sempre stato soprattutto il perfetto esecutore dei grandi classici della cucina francese. Nella sua ultima carta sono ancora inserite specialità che furono create da Point e dalle Meré Filloux e Brazier.
Bocuse conosceva e amava l’Italia e aveva uno speciale rapporto con Antonio e Nadia Santini del “Pescatore” a Canneto sull’Oglio, che egli riteneva fosse il migliore ristorante del mondo.
A conclusione di una carriera costellata solo di successi il 27 settembre 2017 il Presidente francese appena eletto Emanuel Macron ha voluto che uno speciale “dejeuner des Grands Chefs” fosse dedicato a Paul Bocuse quale presidente d’onore e già possiedo una copia di questo memorabile pranzo all’Eliseo. Si esibirono ai fornelli tre chef “tristellati”: Sophie Pic Guy Savoy e Patrick Alleno.
La generosità di Bocuse è ben nota. Gli va riconosciuto il merito di aver sempre praticato prezzi saggi, di proporre anche una selezione di buoni vini con ricarichi contenuti e menu economicissimi per i bambini, per rendere il suo ristorante accessibile alle intere famiglie.
La sua generosità mi ha permesso anche di possedere la collezione completa di tutti i menu, graficamente diversi, utilizzati a Collonges, sono più di cento, e poichè il grande Paul vi è quasi sempre raffigurato in copertina è possibile rendersi conto del passare degli anni (per un breve periodo ha portato anche i baffi).
A proposito di menu, di cui sono appassionato collezionista, ricordo che quando il Comune di Milano decise di rendere omaggio a Gualtiero Marchesi per i suoi 80 anni con una mostra in suo onore al Castello Sforzesco, sorse il problema che nessuno aveva i suoi menu perchè il grande chef, in tal caso anche grande snob dichiarò di non averli mai conservati. Mi fu chiesto di intervenire e prestai con mille raccomandazioni più di venti menu differenti che coprivano tutto l’arco della meravigliosa carriera del Maestro.
Marchesi, intellettualmente irrequieto, benchè figlio d’arte, i suoi genitori gestivano l’albergo ristorante Mercato a Milano, ha maturato tardi la sua vocazione culinaria. Dedicò tutto il 1975 a entusiasmanti esplorazioni delle conquiste francesi nel campo della ristorazione e frequentò fra gli altri Paul Bocuse, i fratelli Troisgros a Roanne e Fredy Girardette a Crissier e solo nel 1977, a 47 anni, aprì a Milano in via Bonvesin della Riva il “suo” ristorante che già l’anno dopo ebbe la prima stella, immediatamente seguita dalla seconda e nel 1986 conquistò, al fine, le tre stelle, le prime in Italia che, fatto più unico che raro, si trasferirono con lui a Erbusco nel 1994 e risplendettero fino al 1996. Poi cominciarono i suoi dissapori con la Michelin ed egli chiese infine di non essere più menzionato nella guida.
“La seppia al nero” il “raviolo aperto”, il “riso oro e zafferano” sono tre delle sue creazioni più celebri ed originali.
La Nouvelle Cuisine, successivamente tanto vituperata per i ridicoli eccessi da parte di troppi orecchianti privi di talento, ebbe Bocuse e Marchesi tra i suoi fondatori ed essi seppero esaltare gli indiscutibili valori che esprimeva quali la cucina di mercato, le salse alleggerite, le cotture più brevi, le presentazioni accattivanti, la predisposizione mentale verso il nuovo, e il diverso, l’accettazione delle moderne tecnologie ed infine la concezione di ristorante quale luogo che deve offrire al cliente un piacere completo che appaghi ognuno dei cinque sensi.
A Milano il successo di Marchesi era stato inferiore ai suoi meriti ed alle sue aspettative perchè la città non era ancora quella di oggi e la sua cucina troppo interiorizzata non era compresa da tutti. Gualtiero era poi più colto, arguto ed intelligente della stragrande maggioranza dei suoi clienti e purtroppo aveva, talvolta, il vezzo di farlo notare. Marchesi ebbe anche delle esperienze non fortunate a Roma all’Hostaria dell’Orso e a Parigi all’Hotel Lotte. L’attività ad Erbusco si concluse perchè l’età avanzava e la direzione dell’Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana con sede nella Reggia di Colorno, richiedeva molto del suo tempo. Il nome del grande Gualtiero esiste ancora a Milano nel piccolo ristorante Marchesi alla Scala addossato al celebre teatro.
Marchesi non ha avuto precursori in Italia ed anche i suoi epigoni latitano (Cracco? Oldani?). Bocuse invece è stato il terzo gigante della cucina francese del secolo scorso dopo i mitici Escoffier e Fernand Point ma anche per lui non esiste un erede designato se non il figlio Jerome che è già un uomo fatto perchè Ducasse e Robuchon sono in realtà più imprenditori che cuochi. Anche Bocuse era un imprenditore della ristorazione: la grandiosa e rutilante Abbaye per le cerimonie a due chilometri dal ristorante sempre sulle rive della Saona, quattro importanti “brasserie” a Lione con i nomi dei punti cardinali e “Joint Venture” un po’ ovunque nel mondo da Disneyworld al Giappone, ma in lui restava sempre predominante la grande personalità del cuoco.
Bocuse, proseguendo il cammino tracciato da Point, ha sdoganato gli chef dalle cucine, li ha fatto comparire in sala, li ha resi personaggi famosi come le star del cinema.
Bocuse, imperatore dei fornelli, ambasciatore della cucina francese nel mondo è famoso quasi quanto De Gaulle.
A Marchesi tutta la ristorazione italiana deve essere riconoscente perchè lui ha segnato la svolta, ha ridotto e poi annullato le distanze tra ristoranti Italiani e Francesi. Insieme a Morini, Bergese e Valentino al San Domenico di Imola ha dato il via ad una riscossa e ad una presa di coscienza che senza di loro forse staremmo ancora aspettando.
Marchesi resta per tutti, e indiscutibilmente, il “Maestro”.
La grande incognita diventa una sola: la guida Michelin della Francia che esce i primi di Marzo, conserverà le tre stelle al ristorante sulle rive della Saona come fece, eccezionalmente, alla morte di Fernand Point per il suo ristorante sulle rive del Rodano?
Articolo di Maurizio Campiverdi